La Nuova Via della Seta

Martedì, 18 Giugno 2019

Economia e mercati

“Più grande del piano Marshall, più grande della missione Apollo e più grande della Grande Muraglia cinese”. Noi, in occidente, probabilmente, non ce ne rendiamo conto, ma quello che un po' grossolanamente viene rubricato come “Nuova via della Seta” non è solo un programma di investimenti per costruire una nuova rotta commerciale; è il più mastodontico progetto che la mente umana abbia mai progettato. Per Sheryl WuDunn, reporter del New York Times e autore di ‘China Wakes: the Struggle for the Soul of a Rising Power’, libro da cui è tratta la citazione iniziale,il piano Marshall non è nulla a confronto. 

La grandiosa operazione per rimettere in collegamento Ovest ed Est dal punto di vista commerciale, finanziario e culturale, è una priorità per il governo cinese almeno dal 2013, da quando, cioè, il presidente Xi Jinping ha annunciato per la prima volta la Belt and Road Initiative(BRI). Per avere un'idea di ciò di cui si sta parlando, basta guardare qualche numero. La “Nuova via della Seta” coinvolge ben 68 Paesi tra Asia, Europa e Africa orientale; il 65% della popolazione mondiale e oltre il 30% del Pil del pianeta.

La Cina promette che la Belt and Road Initiative(BRI) sarà un toccasana non solo per la propria economia, ma anche per quelle di tutti i paesi coinvolti. 

Certo, servono soldi. Tanti soldi. Quanti? La Asian Development Bank stima che l’Asia avrà bisogno di 26mila miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali entro il 2030, che corrispondono a più di 1,7 miliardi di dollari di spese annue a partire dal 2015. Ulteriori stanziamenti per oltre 130 miliardi di dollari sono in programma fino al 2022.

Finora, sono stati impiegati oltre 70 miliardi di dollari nella costruzione di infrastrutture intorno alla BRI: ferrovie in Bangladesh, raffinerie in Arabia Saudita, una nuova città portuale nello Sri Lanka o, più vicino a noi, il rafforzamento dei legami economici in tutta l’Eurasia attraverso progetti come la Trans-Asian Railway.

Una cooperazione regionale basata su una nuova e funzionale rete di trasporti (e contestuali riforme politiche, ça va sans dire) potrebbe ridurre in modo sostanziale i costi commerciali degli spostamenti dei beni; migliorare la connettività tra le nazioni; aumentare gli scambi; accrescere gli investimenti transfrontalieri e migliorare la vita delle persone che vivono nei Paesi coinvolti. 

Guardiamo, ad esempio, alle tempistiche attuali di spedizione delle merci: dalla Cina all'Europa centrale occorrono circa 30 giorni, poiché la maggior parte dei prodotti viaggia via mare – e solo caricare un container su una nave può richiedere alcuni giorni. I tempi di spedizione per via ferroviaria, invece, sono più brevi di circa la metà, cambiando radicalmente non solo il modo di trasferimento delle merci, ma anche l'economia stessa dei Paesi esportatori. A un prodotto spedito dall'Europa e destinato all'Asia basteranno un paio di settimane per arrivare a destinazione. Significa che sarà possibile commerciare anche beni deperibili che oggi non hanno sbocchi internazionali. Ecco perché l'infrastruttura ferroviaria è la più importante delle iniziative all'interno del BRI.

D'altra parte l'Unione europea, per sostenere il funzionamento del mercato unico e al contempo garantire la libera circolazione delle merci e delle persone, negli anni Novanta ha istituito la rete di trasporti detta Trans-European Network (o TEN). Perché, e lo dicevano già allora, quando le interconnessioni di trasporto sono deboli, la crescita economica ne risente.

Fonte: Truenumbers.it

Altre news